La biografia reale di un personaggio storico diventa nelle mani del drammaturgo e nel corpo e nella voce di Mario Sala, in scena insieme a Angelo Tronca, il pretesto per parlare di utopia e per trasformare la Storia in immaginazione
di Tommaso Urselli
regia Alberto Oliva
con Mario Sala e Angelo Tronca
scenografia Marco Muzzolon
musiche originali Ivan Bert
assistente alla regia Fabrizio Kofler
Liberamente ispirato al libro di Claudio Facchinelli Lumpatius Vagabundus. Sulle tracce di Nikolaj Sudzilovskij medico e rivoluzionario
produzione A.M.A. Factory
con il sostegno di Rosana Rosatti
Nel silenzio di un paesaggio tropicale, finalmente solo, un uomo nel suo elegante completo di lino chiaro, colto nel momento di concedersi una tregua e fare i conti con se stesso: è la figura ancora pressoché sconosciuta di Nikolaj Sudzilovskij, medico e rivoluzionario, protagonista di molte battaglie, spesso donchisciottesche, intraprese in quattro continenti.
In che anno siamo? Il tempo sembra non esistere in questo luogo in cui, contrappuntate e sollecitate dall’inseparabile pappagallo Polly che si è portato dalle Hawaii, vediamo alternarsi le sue sfaccettate personalità: l’uomo di medicina che oggi definiremmo “democratica”, il politico poco avvezzo a forme di compromesso, il poeta, il filosofo… tutte intente a rievocare eventi, desideri, visioni e fallimenti che spingono il protagonista (dietro cui scorgiamo, in filigrana, l’autore Facchinelli alla ricerca del suo personaggio) verso un ulteriore interrogarsi, ma non certo ad abbandonare la visione utopica che lo ha guidato fin qua.
Il testo di Tommaso Urselli si ispira al libro di Claudio Facchinelli “Lumpatius Vagabundus. Sulle tracce di Nikolaj Sudzilovskij medico e rivoluzionario” in cui l’autore va in cerca del suo personaggio nei quattro continenti in cui ha provato a costruire rivoluzioni:
“Ho cominciato a inseguire la sua storia, quasi per caso… andando dietro a un mio vecchio sogno di adolescente. Inseguendo questo sogno, che per ora non racconterò, mi sono ritrovato a ricostruire le imprese compiute tra seconda metà dell’800 e inizi ‘900 da questo medico bielorusso attivo tra i narodnik. Narodnik… populisti, traduciamo noi… anche se questa parola evoca oggi tutt’altro immaginario, ben lontano dalle utopie di Sudzilovskij.
Sappiamo che nel 1874 dalla Russia è costretto a fuggire quando viene braccato dalla polizia zarista, e vaga dapprima per l’Europa… Vive in Bulgaria, in Romania… Conosce Marx, Engels, Bakunin… Poi è la volta degli Stati Uniti, delle Hawaii, del Giappone, della Cina…”
10-12 maggio 2024 – San Pietro in Vincoli – Torino
Prima assoluta: 20 febbraio 2024 – Teatro Litta – Milano
«(...) Lo spettacolo vuole essere un omaggio al russo Nikolaj Sudzilovskij ancora sconosciuto in Italia e alla sua passione civile e politica.
Ma prima ancora è un gesto d’amore toccante della moglie dello scrittore, Rosana, che come regalo per il suo, di lui, ottantesimo compleanno, ha pensato di far vivere sul palco le parole scritte dal marito e ricomposte per la scena dalla brillante penna di Tommaso Urselli. (...)
La drammaturgia leggera di Tommaso Urselli ce lo presenta in una luce estiva. Mario Sala è vestito di chiaro, su una scena dove dominano una grande poltrona di vimini, stile equatorial-coloniale, ed una enorme voliera.
Al suo interno c’è seduto un “grande pappagallo antropizzato ”. È Angelo Tronca che, con tanto di piume colorate e in un grammelot simil-russo, inizialmente racconta la biografia di Sudzilovskij.
Durante lo spettacolo sarà proprio questo pappagallo a interloquire, talvolta un po’ troppo, con il medico. Ciò fa ridere il pubblico e rompe la solitudine cosmica del medico che si abbandona ad un flusso di coscienza. Che, se discontinuo da un punto di vista cronologico, geografico ed emotivo, segue le fil rouge dei suoi ideali.
La regia di Alberto Oliva armonizza i diversi registri. Lascia così emergere l’utopia attiva e rivoluzionaria di questo donchisciotte della rivoluzione sempre pronto a non chiudere gli occhi e a combattere dominio, prepotenza e arroganza.
Una di quelle figure di cui ci sarebbe molto bisogno anche oggi. Forse per questo Urselli decide di chiudere lo spettacolo facendo tuffare questo sognatore di una religione panica e profonda, nel mediterraneo di oggi. Il luogo non è indicato, ma possiamo immaginarlo non lontano da Lampedusa, o da Cutro o dalle spiagge turche, tra scarpe, vestiti e corpi di migranti galleggianti.»
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