Se sapessi che il mondo finisse a mezzanotte come ti comporteresti? Quanti sogni resterebbero irrealizzati? Kollaps è una metafora dolce-amara di un Occidente che continua a correre quando la corsa è già finita da un pezzo.
di Philipp Löhle
traduzione Clelia Notarbartolo
regia Marco Lorenzi
con Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Angelo Tronca
musiche originali di Gianmaria Ferrario
assistente alla regia Emily Tartamelli
dramaturg Thea Dellavalle
visual concept e video Eleonora Diana
light and sound designer Giorgio Tedesco
uno spettacolo Il Mulino di Amleto
produzione A.M.A. Factory
in coproduzione con Teatro delle Briciole / Solares Fondazione delle Arti
Se sapessi che il mondo finisse a mezzanotte come ti comporteresti? Sembra l’inizio di un gioco per bambini, in realtà è il presupposto da cui parte Kollaps, testo profetico del drammaturgo tedesco Philipp Löhle scritto nel 2015 e presentato per la prima volta in Italia al Teatro Carignano, nell’ambito di Summer Plays 2020.
Quanti sogni resterebbero irrealizzati? Quante azioni non compiute? A quali errori non potremmo più porre rimedio? Ma, soprattutto, ha ancora senso questa corsa irrefrenabile verso il precipizio in un mondo di cui sappiamo la data della fine?
Kollaps, seguendo la storia di cinque persone durante un’apocalisse sgangherata, racconta una metafora dolce-amara di un Occidente che continua a correre disperatamente quando la corsa è finita da un pezzo, quando le risorse si stanno sgretolando, quando il tuo cellulare ha smesso di funzionare.
NOTE DI REGIA - Marco Lorenzi
«Kollaps è una creazione speciale perché arriva in un momento complesso, smarrito e articolato delle nostre vite. Forse è per questo che sono allo stesso tempo felice e impaurito nell’affrontare una materia che getta uno sguardo così prepotente (e impertinente) verso il nostro presente.
Kollaps è un gioco feroce e ironico sulle vite che viviamo e le vite che avremmo voluto vivere. Phlipp Löhle immagina l’arrivo di un evento gigantesco, imprevedibile e (apparentemente) catastrofico per chiederci che cosa vogliamo veramente, che cosa desideriamo profondamente in una società che ci chiede di “abdicare al desiderio” (come direbbe Herbert Marcuse). Chissà se tutto questo ci ricorderà qualcosa di noi, del nostro recente passato, del nostro presente e del nostro ancor più imprevedibile futuro (grazie a Nassim Taleb e a tutti i suoi Cigni Neri, polli, tacchini, ecc.).
La vicinanza tra gli eventi di Kollaps e le domande più o meno scomode, che ci portiamo impresse sulla pelle, è così forte che con Philipp abbiamo deciso di usare i nomi reali degli attori del Mulino di Amleto al posto di quelli dei personaggi. Questo per creare un gioco di specchi, di ambiguità e sovrapposizioni tra il piano della metafora teatrale e il reale che stiamo vivendo. D’altronde Kollaps è la fine di un mondo, è una finta apocalisse collettiva, una serie di piccole apocalissi individuali; è una domanda aperta e pulsante su cosa desideriamo veramente (se mai abbiamo la possibilità o il tempo di porci questa domanda).
Kollaps ci chiede di fare i conti sul rapporto tra la nostra responsabilità sociale e la nostra responsabilità individuale. Ci racconta la storia di animali che vengono liberati dalle loro gabbie e di altri animali, apparentemente più evoluti, che in quelle gabbie decidono di rientrarci. Ci ricorda ironicamente che desideriamo sempre quello che non abbiamo e quando lo otteniamo - se lo otteniamo - non siamo felici. Ma Kollaps è anche la storia della fine di un matrimonio che poi altro non è anch’essa la piccola “fine di un mondo”.
Ho trovato appassionante che tutti gli eventi dell’immaginario di Kollaps fossero ricostruiti attraverso gli occhi e le parole di un uomo e di una donna comuni, che ripercorrendo gli eventi e le scelte fatte durante un’apocalisse sgangherata, si ritrovano a capire che «tutto è tornato alla normalità, come prima. Solo che ora sappiamo che è fatto tutto di cartapesta». Per questo su di loro, sulla storia della famiglia Becker, abbiamo immaginato di costruire un falso documentario (forse un mockumentary?), uno strumento per dissezionare i loro pensieri, le loro ipocrisie, i loro desideri frustrati, i loro silenzi di coppia “normale” e borghese. Uno strumento che ci permettesse di raccontare i loro occhi in modo sincero e trasparente e spiare “la fine del mondo” attraverso il loro sguardo.
Kollaps è scritto da Philipp Löhle con un ricco e provocante puzzle di stili diversi e per questo abbiamo deciso di raccogliere la sfida creando un gioco di citazioni e di rimandi che vanno dal dramma borghese al Far-West allo slapstick. Forse è per questo che il nostro Kollaps è anche un ringraziamento a Ingmar Begman, a Ennio Morricone, a Herbert Marcuse, a Franco Battiato, a Nassim Taleb, a Buster Keaton, e a tutti quei pazzi che hanno reso possibile questa scommessa incredibile e rischiosa.
(Ps. Nessun animale è stato maltrattato durante la produzione di questo spettacolo teatrale!) »
18 dicembre 2022 – Teatro Milanollo – Savigliano
18 novembre 2022 – Teatro al Mulino – Piossasco (Torino)
dal 25 al 29 ottobre 2022 – San Pietro in Vincoli – Torino
22 ottobre 2022 – Teatro al Parco – Parma
dal 28 luglio al 2 agosto 2020 – Teatro Carignano – Torino
«[...] L’umanità fittizia di Löhle e del Mulino di Amleto che gioca sull’orlo del precipizio, disposta ad abbandonare i propri figli, che dimentica secoli di civiltà per abbandonarsi alla violenza informe, tra qualche anno potrebbe benissimo essere la nostra.»
«[...] Questo è teatro nella sua forma migliore, quella che tendiamo a dimenticare. Una forza che resiste sotto le ceneri dell’entertainment, delle politiche scellerate, degli inutili presenzialismi, dei prodottini da catena di montaggio, uguali a se stessi e senza nulla da dire. Fortunatamente qualcuno ogni tanto rinfocola la fiamma e permette di vedere il teatro nella sua manifestazione più potente. Questo è il merito principale di Marco Lorenzi e de Il Mulino di Amleto: aver provato a mettere in discussione il nostro modello di società in questo momento difficile, di smarrimento dell’arte teatrale [...]»
«[...] Uno spettacolo intenso costruito su più livelli espressivi e su numerose trame multimediali che ci dona l’opportunità di riflettere in maniera profonda su cosa ci ha lasciato e cosa ci potrà lasciare la devastante esperienza della pandemia.»
«[...] cento minuti filati di parole, immagini e suoni con gli ottimi Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Raffaele Musella ed Angelo Maria Tronca ispirati interpreti di una gattopardesca narrazione dove, alla fine, tutto cambia per non cambiare nulla: in un continuo gioco di rimandi visivi e musicali, ingranaggi di uno spettacolo autoalimentato da continue contaminazioni, Lorenzi ritrae lo spiazzante mosaico umano di Löhle con sequenze che mettono impietosamente alla berlina una consolidata e condivisa visione del mondo.»
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