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La collezionista

In distribuzione tournèe PRODUZIONI In distribuzione tournèe PRODUZIONI Mulino di Amleto di Magdalena Barileregia Marco Lorenzi con Ida Marinelli e con Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Angelo Tronca scene Marina Contiluci Giulia Pastorecostumi Elena Rossisuono Gianfranco Turcoeffetti scenici Tommaso Serraassistente alla regia Giorgia Bolognani produzione Teatro dell’Elfo / A.M.A. Factory La compagnia e il Teatro dell’Elfo ringraziano in modospeciale Andrea Germani per il lavoro e il contributo alla creazione dello spettacolo e del ruolo di Andy durante il primo periodo di prove. Una donna che ha rivoluzionato l’arte del ‘900 si confronta con una nuova generazione di attivisti che minaccia la sua collezione. Un museo di arte contemporanea, senza più l’arte contemporanea. E Venezia sullo sfondo. Una donna che ha ‘inventato’ l’arte del ‘900 e si chiede se è ancora il momento di sognare: la sua collezione è sotto attacco, una nuova generazione di attivisti e attiviste minaccia le sue opere, la sua passione per la ricerca e le avanguardie sembra venire meno, ma non lascerà tramontare la sua luce facilmente. Non senza aver dato vita all’ultima grande opera della sua vita… Magdalena Barile per creare l’affascinante protagonista di questa storia s’ispira a tre donne che in momenti diversi vissero a ca’ Venier dei Leoni a Venezia: Peggy Guggenheim, Luisa Casati Stampa e Doris Castlerosse. Marco Lorenzi dirige Ida Marinelli, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Angelo Tronca, protagoniste e protagonisti di questa «breve passeggiata verso il tramonto. Che con sé porta sempre la promessa di un’alba». Note di Regia Marco Lorenzi La Collezionista è una breve passeggiata verso il tramonto. Uso questa frase per sintetizzare il mio punto di vista su questo progetto, perché è stato davvero illuminante rendermi conto, all’improvviso, che il testo di Magdalena, il museo di arte contemporanea senza più l’arte contemporanea in cui lo ambienta, lo sfondo di Venezia, la presenza di Ida, tutto concorre a formare questa splendida metafora. La Collezionista è infatti un modo per interrogarci sulla nostra umanissima difficoltà di accettare l’approssimarsi della fine delle cose, della fine di un’epoca, di un tempo il nostro – e il sorgere di un altro diverso e nuovo. Un tramonto, appunto. Che con sé porta sempre la promessa di un’alba (o così mi piace pensare). Trovo un’opportunità magica quella di poter seguire con tenerezza, umanità ed empatia l’iperbole di questa donna incredibile che ha “inventato” l’arte del ‘900 e che ora si chiede se è ancora il momento di sognare. Oppure se le cose sono cambiate. E quanto questo posso essere complesso da ammettere. Quello che è certo è che La Collezionista non lascerà tramontare la sua luce tropo facilmente. Sicuramente non senza aver dato vita all’ultima grande opera d’arte della sua collezione.” Note di Drammaturgia Magdalena Barile I primi maestri, buoni o cattivi, sono i nostri genitori. A loro il compito di guidare i primi pensieri, di stabilire per noi cos’è bene, cos’è male. Contestare questi insegnamenti è parte di ogni maturazione: ogni rivoluzione comincia in famiglia. Senza famiglia è la storia tragicomica di una madre, femminista e nostalgica degli anni ’70, che fuori tempo massimo decide di recuperare il rapporto con la figlia casalinga sottomessa al marito, già madre a sua volta di due figli adulti ma irrisolti. Asserragliate in una vecchia casa al mare, la donna costringerà la figlia a seguire un corso accelerato di emancipazione, anarchia e trasgressione. Gli insegnamenti, mal compresi e non digeriti, finiranno per avere effetti nefasti sull’equilibrio del gruppo familiare. Senza Famiglia racconta di come i sogni dei padri e delle madri cadano come macigni sulle teste dei figli, mentre la comunicazione fra le generazioni sia costellata da equivoci e disastri. Fra voglia di approvazione e voglia di ribellione, i passaggi di consegne fra genitori e figli si trasformano in un tritacarne. Tournèe dal 5 al 8 febbraio 2025 – San Pietro in Vincoli Torino Acquista il biglietto prima assoluta | dal 9 al 16 gennaio 2025 – Teatro Elfo Puccini Milano Acquista il biglietto Rassegna stampa Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Mario RossiTeatro.it Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Mario RossiCEO Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Mario RossiCEO

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Radio International

In distribuzione tournèe PRODUZIONI In distribuzione tournèe PRODUZIONI Mulino di Amleto di Hamid Ziarati e Beppe Rossoregia Beppe Rossocon Adriano Antonucci, Lorenzo Bartoli, Massimiliano Bressan, Francesco Gargiulo e Barbara Mazzi scene e luci Lucio Dianasound designer Massimiliano Bressanassistente alla regia Ludovica Apriletecnico di compagnia Raffaele Arruproduzione A. M. A. Factoryprogetto ALCOTRA Italia Francia – MigrAction Si ringraziano Sara Consoli, Thea Dellavalle e Fertili Terreni Teatro Una commedia drammatica ambientata in uno studio radiofonico dove si intrecciano i gravi accadimenti del mondo esterno con le dinamiche dei rapporti tra i conduttori fatti di tensioni, aspirazioni ed entusiasmi Lo spettatore si trova immerso in uno studio radiofonico di una stazione radio collegata a un network nazionale – TIN (Turbo Italia Network) – e partecipa al processo di nascita delle le notizie, vere o false che siano, a ciò che sta dietro le quinte e a ciò che nutre economicamente e culturalmente un’emittente. In un mondo che rischia la deriva, due conduttori, uno stagista, un fonico e un immigrato mediorientale, ex giornalista, sono i componenti di una piccola radio in crisi. La notizia di una bambina siriana che tenta di attraversare il confine con la Francia e le cruciali prese di posizione del governo, sono gli elementi che scatenano un forte contrasto interno di incomprensioni che metterà in dubbio l’intera tenuta delle trasmissioni. Indubbiamente è una commedia con tutti gli ingredienti comici e parossistici del genere ma contemporaneamente è un testo drammatico per le contraddizioni e gli argomenti che vengono messi in campo: dalle tragedie dei migranti nel tentativo di oltrepassare il confine con la Francia alla presenza di un governo che vuole uscire dall’Unione europea e chiudere i confini, dalla libertà di informazione messa in discussione fino ai dubbi di quali siano i limiti della deontologia giornalistica e il rispetto delle fonti. La violenza del mondo contemporaneo è affrontata e stemperata in una commedia in cui si parla di noi, delle paure e dei temi cruciali che l’Europa e i suoi cittadini affrontano quotidianamente e della responsabilità che riveste l’informazione. Non è un’indagine bensì un gioco d’attore in cui i personaggi si trovano coinvolti in situazioni enigmatiche e paradossali. Per costruire il progetto si è ripercorsa la storia del radiodramma che ha visto cimentarsi autori come Dylan Thomas, Durrenmatt, Orson Wells o Samuel Beckett che hanno reso grande il mezzo radiofonico, il più antico tra i mezzi di comunicazione di massa, ma ancora attuale e vivo. Il testo e l’allestimento, nascono all’interno di un progetto più ampio che si è sviluppato attraverso una serialità di 5 puntate che raccontano la trasformazione di un’emittente radiofonica e quella drammatica di un Paese nell’arco temporale di una settimana. Presentato interamente con successo nella stagione 2020/21 con una nomination per il premio UBU 2021, ora il progetto viene proposto in una nuova veste come spettacolo unico. Note di Regia Beppe Rosso «Il teatro, si sa, si nutre dei conflitti umani, e qui lo spettatore è immerso all’interno di una piccola radio, collegata ad un network nazionale che lo staff cerca in tutti i modi di tenere in piedi, molte volte alle prese con vicende difficili da gestire e con un mondo esterno che sta cambiando, dove i loro rapporti personali si sfaldano ed entrano in conflitto generando situazioni paradossali e apparentemente senza vie di uscita. Il testo mette insieme e affronta due universi: quello delle notizie del mondo esterno, informazioni che si devono trasformare in parole che attraversano l’etere e quello delle dinamiche interne di chi la radio la fa. Tutto il lavoro della messa in scena, registicamente parlando, è stato quello di mantenere un equilibrio tra queste due parti: commedia e aspetto drammatico. Un equilibrio che non tolga nulla alla parte più emozionale e profonda ma nel contempo lasci campo al gioco d’attore e al divertimento, consentendo così agli stati tragici di piombare sulla scena inaspettati e con maggior forza. E il pubblico assiste a tutto ciò che sta dietro ad una notizia o un progetto di trasmissione, assiste a tutto ciò che non si vede, né si sente, anche nelle trasmissioni radio ora trasformate in video streaming, assiste a ciò che sta prima e dopo la messa in onda. Si genera così uno spettacolo assolutamente attuale per dinamiche e temi, che mette in scena il mondo di oggi dagli attentati alla chiusura dei confini e i timori che ne conseguono traslati in forma di commedia. Il testo nasce all’interno di un progetto Alcotra tra Italia e Francia, dove, volendo parlare della migrazione e dell’amore odio che lega i due Paesi, ancor oggi evidente, per non cader nella retorica, si è scelto un punto di vista e di osservazione diverso: quello di una radio, che permette una certa distanza dalle vicende anche se da queste in qualche modo ne è travolta.» Tournèe dal 5 al 8 febbraio 2025 – San Pietro in Vincoli Torino Acquista il biglietto prima assoluta | dal 9 al 16 gennaio 2025 – Teatro Elfo Puccini Milano Acquista il biglietto Rassegna stampa «[…] In questo luogo per molti versi misterioso e carico di storia e storie, grandi e minime, è accaduto un piccolo miracolo, dopo i mesi di chiusura dovuti al lockdown e visto lo stato di crisi dello spettacolo e del teatro in Italia. […] I quattro attori in scena, Adriano Antonucci, Lorenzo Bartoli, Francesco Gargiulo e Barbara Mazzi, compartecipi delle tessiture drammaturgiche della pièce, hanno mostrato una straordinaria e quasi abitudinaria immedesimazione con i personaggi della storia.» Fabio Francioneateatro.it n.174 «[…] Radio e teatro, infine, così come radio e serialità, manco a dirlo, vivono di uno scambio vivo e fecondo che meriterebbe sicuramente approfondimenti più numerosi; in questo senso il grande merito dello spettacolo diviene allora proprio quello di riaccendere con eleganza l’attenzione su questi legami, rilanciandoli contemporaneamente e mostrando forse proprio in questo modo come, in tempi diversi e più duri del solito, alzare l’asticella in uno sperimentalismo che coinvolga anche i soli contenitori non solo è possibile, ma può restituire stimoli artistici e idee di spettacolo

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Lo spettatore condannato a morte

In distribuzione tournèe PRODUZIONI In distribuzione tournèe PRODUZIONI Mulino di Amleto di Matei Visniectraduzione Debora Milone e Beppe Rossoregia Beppe Rossoaiuto regia Yuri D’Agostinoadattamento Beppe Rosso e Lorenzo De Iacovocon Lorenzo Bartoli, Francesco Gargiulo, Andrea Triaca, Angelo Tronca e con venticinque cittadini nel ruolo dei testimoniscene e luci Lucio Dianacostumi Agostino Porchiettoriprese video Eleonora Dianasound Massimiliano Bressantecnico di compagnia Adriano Antonuccicostruzione scene Marco Ferreroproduzione A.M.A. Factory Un progetto A.M.A. Factory Realizzato nell’ambito di SOW – Seminare la crescita e Fertili Terreni Teatro, con il sostegno di Ministero della Cultura, Città di Torino, Regione Piemonte, Torino Arti Performative, Fondazione Compagnia di San Paolo, in collaborazione con Piemonte dal Vivo nell’ambito del progetto Corto Circuito, con il patrocinio di Città di Torino, Circoscrizione 7, Accademia Romena di Roma, Accademia Romena di Venezia, Consolato Romeno di Torino. Il teatro trasformato in sala di tribunale, un’esilarante parodia della giustizia Lo Spettatore Condannato a Morte, scritto nel 1985, è ambientato in una sala di tribunale, ed è una frenetica commedia-processo in cui attori, giudici, testimoni, avvocati, regista e spettatori si confrontano e si fondono. È un’esilarante parodia della giustizia dove si intravede il funzionamento delle dittature presenti e passate, nonché i loro avatar nelle nostre “democrazie” contemporanee. Con il pretesto di esaminarne il funzionamento, l’opera di Visniec, mette in scena i diversivi più iniqui del mondo giudiziario. Il suo umorismo nero ci fa riflettere su una giustizia che a volte può sfuggire di mano, in modo delirante, come quando la ricerca ossessiva del colpevole diventa fine a sé stessa e la macchina giudiziaria possa allora schiacciare le persone oneste a scapito della “verità”. È anche, soprattutto, un gioco di teatro nel teatro che mette in contraddizione i rapporti tra attore e pubblico, la loro interdipendenza, attraverso una carambola di colpi di scena, contrasti stridenti, non-sense logici che creano una complicità reciproca. Gli attori si confessano e si mettono a nudo nel loro amore-odio per il pubblico che provoca un potente coinvolgimento del pubblico stesso, parte integrante dell’allestimento. Partecipante è anche l’impianto scenico dotato di proiezioni video dove vengono riprodotte, in quanto oggetti di testimonianza da mettere agli atti, fotografie degli spettatori e degli attori in momenti della serata stessa, registrati all’entrata e nella sala teatrale. Un allestimento che mescola generi e registri, divertente, assurdo e corrosivo che riflette sul valore giudiziario, sul suo malessere universale e sul valore contraddittorio del teatro. È uno spettacolo “partecipato” con quattro attori professionisti e venticinque cittadini, preparati all’arte del teatro attraverso un percorso formativo, che di sera in sera si alterneranno nell’interpretare la parte dei “testimoni” in questo assurdo “processo”. Dopo Attenzione alle Vecchie Signore Corrose dalla Solitudine (2013) e Troppi ormai su questa Vecchia Chiatta (2017), Beppe Rosso mette in scena un terzo testo di Matei Visniec, amato per la sua profondità e senso di ironia. Note di Regia Beppe Rosso «Con il pretesto di esaminarne il funzionamento, l’opera di Visniec, mette in scena i diversivi più iniqui del mondo giudiziario. Il suo umorismo nero ci fa riflettere su una giustizia che a volte può sfuggire di mano, in modo delirante, come quando la ricerca ossessiva del colpevole diventa fine a se stessa e la macchina giudiziaria possa allora schiacciare le persone oneste a scapito della “verità”. Ma è anche, soprattutto, un gioco di teatro nel teatro che mette in contraddizione i rapporti tra attore e pubblico, la loro interdipendenza, attraverso una carambola di colpi di scena, contrasti stridenti, non-sense logici che creano una complicità reciproca.» Beppe Rosso in un’intervista di Livio Partiti, Ilpostodelleparole.it Tournèe dal 30 novembre al 10 dicembre – San Pietro in Vincoli Torino Acquista il biglietto Rassegna stampa «Testo dalle molteplici chiavi di lettura, Lo spettatore condannato a morte di Matei Visniec, scrittore e drammaturgo rumeno trapiantato da anni in Francia, è partitura teatrale la cui definizione deve andare oltre la facile etichetta di parodistica commedia in tema di giustizia: con la traduzione di Debora Milone e Beppe Rosso, sua anche la regia, la piéce di Visniec rivive in scena per la rassegna torinese Fertili Terreni Teatri all’interno dell’ex cimitero di San Pietro in Vincoli, spazi per l’occasione trasformati in aula di tribunale con tanto di scranni per un giudice, avvocati dell’accusa e della difesa, un cancelliere. In questa cornice, capace di strappare ben più di una risata per ottanta minuti filati, prende forma in realtà un processo ben diverso da quello immaginato in scena: indagando con attenzione tra le righe di una scrittura da subito evidente nella sua matrice di “teatro politico”, è palese come il processo farsa intentato al muto spettatore sia in realtà un feroce j’accuse verso l’omologazione di una società incapace, o forse consapevolmente restìa, a non alzare la voce ed a non ribellarsi, al non dire “io non ci sto” quando sarebbero auspicabili decise prese di posizioni. Insieme ai cittadini che hanno partecipato al laboratorio tenutosi nelle settimane precedenti l’allestimento, Lorenzo Bartoli, Francesco Gargiulo, Andrea Triaca ed Angelo Tronca sono i quattro applauditi interpreti ogni sera chiamati a far rivivere una commedia-processo dall’epilogo affatto scontato: se infatti nell’aula si celebra il dibattimento prima ad uno spettatore, e poi all’atto creativo dell’arte stessa, in chiusura di rappresentazione fuori dalla sala imperverserà una rumorosa ribellione, collettiva presa di coscienza e forse elemento indispensabile, sembra suggerire l’autore, per ogni forma di cambiamento.» Roberto CanavesiSIPARIO «Un giudice, un procuratore, un avvocato difensore, un cancelliere, un’aula, un accusato che non parla, piuttosto sorride, nonostante il contesto veleggi tra il farsesco e l’inquietante. Ma è tutta una finta. Nessuno sarà davvero giustiziato. Siamo sul palco de “Lo spettatore condannato a morte” di Matei Visniec, diretto da Beppe Rosso per A.m.a. Factory in prima nazionale a Torino, a San Pietro in Vincoli Zona Teatro,. Siamo perché siamo tutti dentro, attori e spettatori, tutti giurati, garbatamente coinvolti. Contribuiscono ai quadri intrisi di drammaturgia dell’assurdo, con richiami a Eugène Ionesco, 25 interpreti non professionisti, per rimarcare il gioco della partecipazione, invocata da questo carnevalesco tribunale agito da marionette umane di altezze diverse. Così lo spiazzante e clownesco

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Un giorno di fuoco

In distribuzione tournèe PRODUZIONI In distribuzione tournèe PRODUZIONI Mulino di Amleto di Beppe Fenoglioregia Gabriele Vaciscon Beppe Rossoscene e luci Lucio Dianasound designer Massimiliano Bressantecnici di compagnia Adriano Antonucci e Marco Ferreroproduzione A.M.A. Factoryin coproduzione con Produzioni Fuoriviacon il sostegno e in collaborazione con Centro Studi Beppe Fenoglio spettacolo realizzato per il centenario di Beppe Fenoglio. adattamento teatrale di ”Un giorno di fuoco” di Beppe Fenoglio edito in Italia da Giulio Einaudi Editore. By arrangement with The Italian Literary Agency. Una tragedia familiare trasformata in una battaglia all’ultimo sangue con le forze dell’ordine. Un potentissimo testo epico di Fenoglio divenuto cronaca umana e dramma collettivo “Alla fine di giugno Pietro Gallesio diede la parola alla doppietta. Ammazzò suo fratello in cucina, freddò sull’aia il nipote accorso allo sparo, la cognata era sulla lista ma gli apparì dietro una grata con la bambina ultima sulle braccia e allora lui non le sparò ma si scaraventò giù alla canonica di Gorzegno” Così inizia Un Giorno di Fuoco, potente come una schioppettata di fucile. Allestito in teatro per il Centenario della nascita di Fenoglio, principale brano dei “Racconti del Parentado”, Un Giorno di Fuoco potrebbe apparire come il titolo di un film di Sergio Leone e la sensazione non è del tutto sbagliata: un uomo prende il fucile e spara, uccide metà della sua famiglia e si asserraglia dentro casa in una battaglia all’ultimo sangue con le forze dell’ordine. Un “western all’italiana” ambientato in terra di Langa, nato dalla lingua di Fenoglio dove gli uomini parlano in modo brusco, stringato e le loro storie di gente qualsiasi sono dominate da parole e gesti forti, ineluttabili che generano un testo potentissimo. La vicenda è la cronaca di un fatto di sangue realmente accaduto nel’33. Fatti che succedono anche oggi, riempiono le colonne della cronaca nera per alcune settimane poi scompaiono, e in quelle settimane la cronaca tende a suscitare scalpore, paura, stupore, quasi mai a comprendere. Quella di Fenoglio è invece un esempio di cronaca umanissima che ci fa capire e “vedere”. Una follia omicida che Fenoglio gradatamente trasforma attraverso i colori dell’epica popolare e restituisce come dramma collettivo di una comunità. Una narrazione epica, quindi, con un impianto narrativo geniale in cui tutto concorre al racconto: dalle nuvole, alle fucilate lontane, ai personaggi del paese che ci conducono attraverso il dramma non senza crudeltà e ironia, e la personale vendetta dell’assassino si trasforma in mitica risposta ad un presente soffocante. La regia e l’interpretazione lavorano al racconto, reso integralmente, come ad un grande spartito, scendendo nella vocalità delle parole e ampliando la partitura sonora delle situazioni. I personaggi, motori dell’azione, si concretizzano in contrappunto con le musiche, i suoni e le immagini proiettate che si fanno scenografia e ambiente. Note di Regia Beppe Rosso «Il linguaggio di Fenoglio è simile a un distillato, Un giorno di Fuoco è moderno per la sua essenzialità, per il suo essere sia sceneggiatura sia testo teatrale, sia un cantare epico. Perfetto per una narrazione teatrale dove in scena ci saranno solo pietre, così come lo sono le parole dello scrittore partigiano. Abbiamo lavorato al racconto come un grande spartito, reso integralmente scendendo nella vocalità delle parole e ampliando la partitura sonora delle situazioni, per far risuonare le parole scritte da Fenoglio» Tournèe dal 30 novembre al 10 dicembre – San Pietro in Vincoli Torino Acquista il biglietto Rassegna stampa «Dopo anni di regie e interpretazioni in compagnia, l’attore piemontese torna al soliloquio riallestendo un lavoro che aveva recitato più di vent’anni fa. Un racconto potente che merita la ripresa, in una messinscena rinnovata, in occasione del centenario dello scrittore […] Una vicenda che pare scritta per il palcoscenico tanto è coinvolgente, una vicenda tragica che lo stesso Fenoglio conobbe da bambino, perché realmente accaduta nel 1933. […] Uno spettacolo che è anche un omaggio. “Nel lavoro dell’attore vorremmo far percepire al pubblico il lavoro dello scrittore Fenoglio con le decine di penosi rifacimenti utili a mettere a punto ogni pagina. Obiettivo è far appassionare le giovani generazioni alla scrittura di un gigante come Fenoglio” conclude Rosso […]» Maura SesiaLa Repubblica «[…] la cronaca di una pagina nera che, se non sapessimo risalente al secolo scorso, potremmo benissimo immaginare estrapolata dai giornali di oggi. […] E se di indubbio pregio è la modalità di scrittura con cui lo scrittore albese racconta al suo lettore il succedersi degli avvenimenti, all’insegna del grande rispetto ne è la resa scenica che Beppe Rosso utilizza per la sua trasposizione teatrale. In un palco apparentemente spoglio, dominato da una serie di pietre legate dall’alto che Lucio Diana immagina come possibili metronomi per assecondare il ritmo della narrazione, Beppe Rosso è il lucido interprete di una parola che fa vivere al lettore/spettatore tutto quanto accade, senza mai portarlo sul luogo degli eventi. Dando forma ad una prospettiva più cinematografica che teatrale, si materializza in scena il drammatico resoconto misto di toni epici e crudo realismo, con personaggi simbolo non solo di una popolazione tutta uguale in quegli angoli sperduti delle Langhe, quanto di un modo di vedere il mondo e intendere la vita che alla perfezione riflette la società del tempo.» Roberto CanavesiSipario.it

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Come gli uccelli

In distribuzione tournèe PRODUZIONI In distribuzione tournèe PRODUZIONI Mulino di Amleto di Wajdi Mouawadconsulente storico Natalie Zemon Davistraduzione del testo originale “Tous des oiseaux” di Monica Capuaniadattamento di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenziregia di Marco Lorenzi con Federico Palumeri, Lucrezia Forni, Barbara Mazzi, Irene Ivaldi, Rebecca Rossetti, Aleksandar Cvjetković, Elio D’Alessandro, Said Esserairi, Raffaele Musella assistente alla regia Lorenzo De Iacovodramaturg Monica Capuaniscenografia e costumi Gregorio Zurladisegno luci Umberto Camponeschidisegno sonoro Massimiliano Bressanvocal coach e composizioni originali Elio D’Alessandroesecuzione al pianoforte de La marcia del tempo e Valzer per chi non crede nella magia Gianluca Angelillovideo Full of Beans – Edoardo Palma & Emanuele Gaetano Forteconsulente lingua ebraica Sarah Kaminskiconsulente lingua tedesca Elisabeth Eberlfoto di scena Giuseppe Distefano un progetto de Il Mulino di Amleto una produzione A.M.A. Factory, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Elsinor Centro di Produzione Teatrale e Teatro Nazionale di Genova in collaborazione con TPE – Teatro Piemonte Europa e Festival delle Colline Torinesicon il sostegno di Bando ART-WAVES Produzioni 2022 e 2023 della Fondazione Compagnia di San Paolo vincitore Premio Ubu 2024 come Miglior Nuovo Testo Straniero / Scrittura Drammaturgica (messi in scena da compagnie o artisti italiani) In una realtà storica fatta di conflitti, dolore e attentati si dipana un labirinto di storie, eredità dimenticate, lotte fratricide che dà vita a un’indagine emotiva sulla propria identità culturale e sulle proprie origini. Potente e lacerante, il capolavoro drammaturgico del franco-libanese Wajdi Mouawad, tradotto in italiano da Monica Capuani per la prima assoluta italiana diretta da Marco Lorenzi, racconta della storia d’amore tra Eitan, giovane di origine israeliana, e Wahida, ragazza di origine araba, in una realtà storica fatta di conflitti, dolore, odi, attentati. Un labirinto di storie, eredità dimenticate, lotte fratricide che dà vita a un’indagine emotiva sulla propria identità culturale e sulle proprie origini. Una riflessione toccante e profonda sull’amore, l’incontro e l’identità. Disperatamente giovani e innamorati, Eitan e Wahida, si conoscono a New York. A dispetto delle loro origini, il loro amore fiorisce e cerca di resistere alla realtà storica con cui i due ragazzi devono inevitabilmente fare i conti. Ma nel loro destino qualcosa va storto sull’Allenby Bridge, il famoso ponte che collega (ma allo stesso tempo divide, perché i controlli sono serratissimi e non a tutti è permesso il passaggio) Israele e Giordania. Eitan rimane vittima di un attentato terroristico proprio su quel ponte (luogo e simbolo) e cade in coma. La storia personale dei protagonisti si intreccia alla Storia, con la “S” maiuscola, di attentati, conflitti, odi che ormai da troppi anni continua in quelle terre e tra le due culture di cui i protagonisti sono inevitabilmente esponenti. Durante il coma, in una dimensione sospesa, simbolica e potente, i piani temporali si intrecciano, si sospendono e si sovrappongono. Da luoghi diversi, infatti, arrivano, i genitori e i nonni a fare visita al ragazzo. Per tutti loro sarà l’occasione di guardare negli occhi la verità più nascosta, di affrontare il dolore dell’identità, il demone dell’odio, le ideologie più rigide che appartengono a ognuno dei personaggi e quindi a ognuno di noi. Sarà l’occasione per capire come resistere all’uccello della sventura che si scaglia contro il cuore e la ragione di ciascuno. Con questo testo teatrale si superano il tempo e lo spazio, percorrendo vicende familiari di diverse generazioni ambientate in diversi luoghi geografici e si percorre un’indagine emotiva sulla propria identità culturale e genetica e sulle proprie origini. Cosa sappiamo dei segreti del nostro passato, della storia delle nostre famiglie? So davvero chi sono? Note di Drammaturgia Magdalena Barile Incontri straordinari I primi maestri, buoni o cattivi, sono i nostri genitori. A loro il compito di guidare i primi pensieri, di stabilire per noi cos’è bene, cos’è male. Contestare questi insegnamenti è parte di ogni maturazione: ogni rivoluzione comincia in famiglia.Senza famiglia è la storia tragicomica di una madre, femminista e nostalgica degli anni ’70, che fuori tempo massimo decide di recuperare il rapporto con la figlia casalinga sottomessa al marito, già madre a sua volta di due figli adulti ma irrisolti. Asserragliate in una vecchia casa al mare, la donna costringerà la figlia a seguire un corso accelerato di emancipazione, anarchia e trasgressione. Gli insegnamenti, mal compresi e non digeriti, finiranno per avere effetti nefasti sull’equilibrio del gruppo familiare.Senza Famiglia racconta di come i sogni dei padri e delle madri cadano come macigni sulle teste dei figli, mentre la comunicazione fra le generazioni sia costellata da equivoci e disastri. Fra voglia di approvazione e voglia di ribellione, i passaggi di consegne fra genitori e figli si trasformano in un tritacarne. Alla ricerca di una visione politica umana Come cittadino e come artista del XXI secolo credo che continuare a ragionare secondo sistemi e visioni superati e fallimentari sia l’unico errore da non fare. Continuare a ragionare secondo categorie identitarie auto-riferite non abbia più senso nel capitalismo globale dove non esiste più la possibilità di far finta di nulla. È solo quando si inizia a percepire come propri anche i conflitti e i problemi del mondo che consideriamo distanti, che, entriamo in un flusso davvero globale di consapevolezza, di comprensione e di reale cambiamento. Con il Mulino di Amleto approfondisco da tempo un percorso di ricerca e di creazione che nasce da questa inquieta e plurale visione del mondo: la ricerca dell’Altro, l’apertura umana e filosofica, sono stati i presupposti costitutivi dei lavori più recenti del nostro gruppo. Questa instancabile passione verso l’Altro si traduce con Come gli uccelli in una internazionalizzazione dei collaboratori artistici, in una pluralità di linguaggio, in un pensiero plurale sin dal momento della nascita del processo di creazione e della progettazione. Essere il primo step di una compagnia internazionale di professionisti, uno spettacolo multilingue, una visione naturalmente orientata oltre i confini nazionali, gli interrogativi che ci animano la scelta di un testo così potente e toccante, scomodo e lacerante, rendono questo progetto anche una dichiarazione politica. Il coraggio delle scelte Questo progetto – non solo idealmente, ma nelle scelte formali e concrete che lo

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Dei liquori fatti in casa

PRODUZIONI Mulino di Amleto Tournèe di Magdalena Barileregia Marco Lorenzi con Ida Marinelli e con Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Angelo Tronca scene Marina Contiluci Giulia Pastorecostumi Elena Rossisuono Gianfranco Turcoeffetti scenici Tommaso Serraassistente alla regia Giorgia Bolognani produzione Teatro dell’Elfo / A.M.A. Factory La compagnia e il Teatro dell’Elfo ringraziano in modospeciale Andrea Germani per il lavoro e il contributo alla creazione dello spettacolo e del ruolo di Andy durante il primo periodo di prove. Un museo di arte contemporanea, senza più l’arte contemporanea. E Venezia sullo sfondo. Una donna che ha ‘inventato’ l’arte del ‘900 e si chiede se è ancora il momento di sognare: la sua collezione è sotto attacco, una nuova generazione di attivisti e attiviste minaccia le sue opere, la sua passione per la ricerca e le avanguardie sembra venire meno, ma non lascerà tramontare la sua luce facilmente. Non senza aver dato vita all’ultima grande opera della sua vita… Magdalena Barile per creare l’affascinante protagonista di questa storia s’ispira a tre donne che in momenti diversi vissero a ca’ Venier dei Leoni a Venezia: Peggy Guggenheim, Luisa Casati Stampa e Doris Castlerosse.Marco Lorenzi dirige Ida Marinelli, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Angelo Tronca, protagoniste e protagonisti di questa «breve passeggiata verso il tramonto. Che con sé porta sempre la promessa di un’alba». Note di Regia Marco Lorenzi La Collezionista è una breve passeggiata verso il tramonto. Uso questa frase per sintetizzare il mio punto di vista su questo progetto, perché è stato davvero illuminante rendermi conto, all’improvviso, che il testo di Magdalena, il museo di arte contemporanea senza più l’arte contemporanea in cui lo ambienta, lo sfondo di Venezia, la presenza di Ida, tutto concorre a formare questa splendida metafora. La Collezionista è infatti un modo per interrogarci sulla nostra umanissima difficoltà di accettare l’approssimarsi della fine delle cose, della fine di un’epoca, di un tempo il nostro – e il sorgere di un altro diverso e nuovo. Un tramonto, appunto. Che con sé porta sempre la promessa di un’alba (o così mi piace pensare).Trovo un’opportunità magica quella di poter seguire con tenerezza, umanità ed empatia l’iperbole di questa donna incredibile che ha “inventato” l’arte del ‘900 e che ora si chiede se è ancora il momento di sognare. Oppure se le cose sono cambiate. E quanto questo posso essere complesso da ammettere. Quello che è certo è che La Collezionista non lascerà tramontare la sua luce tropo facilmente. Sicuramente non senza aver dato vita all’ultima grande opera d’arte della sua collezione.” Note di Drammaturgia Magdalena Barile I primi maestri, buoni o cattivi, sono i nostri genitori. A loro il compito di guidare i primi pensieri, di stabilire per noi cos’è bene, cos’è male. Contestare questi insegnamenti è parte di ogni maturazione: ogni rivoluzione comincia in famiglia. Senza famiglia è la storia tragicomica di una madre, femminista e nostalgica degli anni ’70, che fuori tempo massimo decide di recuperare il rapporto con la figlia casalinga sottomessa al marito, già madre a sua volta di due figli adulti ma irrisolti. Asserragliate in una vecchia casa al mare, la donna costringerà la figlia a seguire un corso accelerato di emancipazione, anarchia e trasgressione. Gli insegnamenti, mal compresi e non digeriti, finiranno per avere effetti nefasti sull’equilibrio del gruppo familiare. Senza Famiglia racconta di come i sogni dei padri e delle madri cadano come macigni sulle teste dei figli, mentre la comunicazione fra le generazioni sia costellata da equivoci e disastri. Fra voglia di approvazione e voglia di ribellione, i passaggi di consegne fra genitori e figli si trasformano in un tritacarne. Tournèe 12 e 13 Maggio Teatro Carignano Torino Acquista il biglietto 12 e 13 Maggio Teatro Carignano Torino Acquista il biglietto 12 e 13 Maggio Teatro Carignano Torino Acquista il biglietto 12 e 13 Maggio Teatro Carignano Torino Acquista il biglietto 12 e 13 Maggio Teatro Carignano Torino Acquista il biglietto Rassegna stampa Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Mario RossiTeatro.it Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Mario RossiCEO Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Mario RossiCEO